Quando ho realizzato che il mio migliore amico era morto, che il mare me lo aveva sottratto, è iniziata la mia più grande crisi esi-stenziale. Non è facile descrivere a parole quello che avevo dentro: oltre allo sgomento, all’incredulità, al dolore straziante, c’era tutto quello che avevo vissuto in quegli anni con lui. In un secondo tut-to aveva perso valore, la mia vita sportiva si era completamente az-zerata, tutto il mio «credo» era diventato «non credo», e una parte di me era morta con lui. Ero come amputato: amputato nella testa.